
Parlare di ottimizzazione on-page significa entrare nell’ultima fase del lavoro SEO, in quel momento in cui la strategia SEO spolvera i contenuti che aveva già contribuito a progettare, con il suo tocco finale.
Per arrivarci, noi seguiamo due metodi diversi, a seconda del tipo di progetto su cui stiamo lavorando: il metodo radicale e quello conservativo. Significa pensare alle singole pagine non come oggetti isolati, ma come parte di un ecosistema coerente, ben strutturato e costruito attorno a intenzioni di ricerca precise.
I due metodi. Quello radicale, quello conservativo
Quando ottimizziamo un sito esistente seguendo il metodo radicale, riprogettiamo il sito in toto. Ecco gli step che seguiamo:
- mappiamo i contenuti esistenti, ossia realizziamo un inventario dei contenuti
- analizziamo il traffico
- analizziamo il profilo link
- facciamo lo studio keyword
- progettiamo l’architettura delle informazioni
- aspettiamo che il sito venga sviluppato
- lo ottimizziamo
- assistiamo il team di sviluppo alla messa online
Quando seguiamo il metodo conservativo invece, ci limitiamo a ottimizzare una struttura che, per motivi di tempo od organizzazione del cliente, non abbiamo stabilito noi.
Cosa facciamo:
- mappiamo i contenuti esistenti (inventario dei contenuti)
- integriamo l’inventario con i dati di traffico
- integriamo l’inventario con i dati sui link in entrata
- mappiamo la corrispondenza tra le pagine vecchie e quelle nuove
- facciamo lo studio keyword per ogni pagina nuova
- aspettiamo che il sito venga sviluppato
- lo ottimizziamo
- assistiamo il team di sviluppo alla messa online
Nel primo caso dunque, siamo noi a progettare tutto da zero: decidiamo quante e quali pagine avrà il sito e come saranno fatte. È un lavoro di progettazione che parte da dati, analisi e visione strategica. Nel secondo caso, ci troviamo a lavorare su una struttura già definita: dobbiamo studiarla, comprenderla e inquadrarla all’interno le nostre logiche SEO. È un lavoro di adattamento, meno libero ma comunque molto utile.
Qualunque metodo utilizziamo, non possiamo lavorare su una singola pagina senza considerare il resto del sito. La pagina non esiste da sola. Se abbiamo ad esempio due contenuti simili – magari due corsi su tematiche vicine – li ottimizziamo in modo complementare. Se invece ne abbiamo uno solo, il lavoro cambia. Serve sempre uno sguardo d’insieme.
Due step. La scrittura e l’ottimizzazione
Con entrambi i metodi, è compito del team SEO dare delle indicazioni per la scrittura dei testi ai copywriter.
Nel metodo radicale le indicazioni sono intuitive, perché il team SEO decide quali e quanti pagine avrà il sito e dunque implicitamente il loro contenuto. Nel metodo conservativo, il team SEO potrebbe invece dover dare indicazioni più puntuali, perché le keyword vengono studiate a ritroso, a partire da un’architettura già data, ma al tempo stesso potrebbe avere meno potere di dare indicazioni, per via di com’è strutturato il progetto.
A ogni modo ci sono sempre due step: la scrittura del testo della pagina o dell’articolo, a cura del team di copywriting e l’ottimizzazione in senso stretto, o scrittura degli elementi SEO, a cura del team SEO.
Prima di iniziare dobbiamo assicurarci di avere uno strumento per lo studio keyword, come ad esempio Semrush; l’accesso a un browser, come ad esempio Google Chrome, con la navigazione in incognito; eventualmente un VPN per simulare la connessione dall’estero, se ci sono da preparare testi un’altra lingua, dedicati a un altro mercato.
Progettare e scrivere il testo
Prima di iniziare a scrivere il testo dobbiamo avere pronto lo studio keyword per la pagina, che potrà avere ad esempio questo aspetto. All’interno dello studio keyword sceglieremo una keyword principale a cui dedicare la pagina.
Una volta individuate le keyword, cerchiamo quella principale su Google in incognito. Guardiamo i primi risultati, li leggiamo con attenzione, ci appuntiamo i concetti chiave, gli esempi, le domande a cui rispondono. Non stiamo cercando di imitare, ma di capire cosa Google considera rilevante.
Poi scendiamo in fondo alla SERP per leggere le ricerche correlate. Sono spesso una fonte preziosa di spunti: ci danno idee per paragrafi, angolazioni, nuovi titoletti da inserire nel testo.
Un passaggio importante è anche l’analisi delle cosiddette SERP Feature. Verifichiamo se per quella keyword compaiono elementi come Featured Snippet, immagini, domande correlate, link interni, video. Se ci sono, ci chiediamo: possiamo posizionarci anche lì? Possiamo scrivere un paragrafo che risponda in modo sintetico per il Featured Snippet? Possiamo inserire un video utile? Possiamo rispondere in anticipo alle domande frequenti?
Controlliamo anche se compare un’anteprima AI (come le AI Overviews di Google). Se c’è, leggiamo cosa dice, che tono ha e da quali fonti attinge. Questo ci aiuta a capire come strutturare meglio il testo: risposte chiare, paragrafi ordinati e contenuti facilmente “leggibili” anche da un’intelligenza artificiale. Se non c’è, nessun problema, ma se c’è vale la pena tenerne conto.
Un’altra cosa utile, è cercare la stessa keyword su YouTube. Non tanto per guardare i video, quanto per ottenere una trascrizione. YouTube ha una funzione nativa che permette di leggere il testo del video. In alternativa possiamo usare strumenti come Happy Scribe o Notta, che trascrivono in automatico l’audio. Una volta ottenuta la trascrizione, la leggiamo. Lì troviamo contenuti che spesso negli articoli scritti non emergono: risposte pratiche, esempi, domande frequenti che gli utenti pongono nei commenti. Selezioniamo le parti più interessanti, le rielaboriamo e le integriamo nel nostro articolo. È un ottimo modo per offrire un punto di vista più completo, più vicino al linguaggio delle persone e più aggiornato rispetto ai classici contenuti testuali.
Un testo esaustivo
Quando un copywriter lavora a una pagina informativa, dovrebbe sempre a un contenuto ampio e approfondito. Non ci interessa raggiungere un numero preciso di parole, ma sappiamo che raramente un contenuto davvero esaustivo può stare sotto le 1200 parole. L’obiettivo è costruire il miglior testo disponibile su quell’argomento. Un testo che risponde davvero alle domande dell’utente, che anticipa i suoi dubbi, che lo accompagna in modo chiaro. Un testo completo, ben strutturato, leggibile e in linea con il tono del brand.
Per le pagine servizio o le schede prodotto invece l’attitudine può essere diversa: l’importante è spiegare il servizio o illustrare il prodotto scandagliando tutti gli aspetti, senza avere in mente lunghezze particolari.
Scrivere i title. L’elemento SEO più importante
Il title, o titolo SEO, è tradizionalmente l’elemento SEO più importante quando si parla di ottimizzazione on-page. È il primo segnale che diamo a Google per spiegare di cosa parla una pagina ed è anche la prima cosa che gli utenti vedono nei risultati di ricerca.
Possiamo trovarlo in tre posti: nel codice HTML della pagina, nella linguetta del browser e, soprattutto, nei risultati di Google. E se è scritto male – troppo generico, troppo vago, troppo simile ad altri – perdiamo un’occasione. Google potrebbe non capire bene l’argomento. Le persone potrebbero non cliccare sul risultato.
Per questo motivo, ogni title che scriviamo dev’essere pensato con attenzione. Deve contenere la keyword principale, essere leggibile e unico rispetto agli altri title del sito. Non ci devono essere due pagine con lo stesso titolo, né con titoli troppo simili. Se succede, Google si confonde e finisce per non premiare nessuna delle due.
Il formato che usiamo più spesso è molto semplice: iniziamo con la keyword principale, poi eventualmente aggiungiamo una keyword secondaria o un valore distintivo, e infine il nome del brand. Un esempio reale, a partire dalle keyword “modelli preventivi, fac simile preventivo, modello preventivo word, modello preventivo pdf, modelli preventivi da scaricare” potrebbe essere: “Modelli preventivi Word e PDF – Scarica il tuo fac simile | Pok”. È chiaro, contiene le parole giuste, dice subito cosa si trova nella pagina.
Quando lavoriamo con un CMS come WordPress, il title può coincidere con il titolo visibile della pagina. Ma è sempre possibile – e consigliato – modificarlo manualmente. Se usiamo plugin come Yoast SEO, possiamo farlo in modo semplice, senza toccare il codice.
Infine, prestiamo attenzione alla lunghezza: un buon title dovrebbe restare entro i 50–60 caratteri. Possiamo verificarlo usando strumenti come l’anteprima di Yoast o simulatori della SERP, in modo da evitare che venga troncato nei risultati di ricerca.
Ottimizzare gli altri elementi
Una volta che abbiamo scritto un buon contenuto e curato il title, ci sono altri elementi della pagina che meritano attenzione. Non sono dettagli secondari: contribuiscono alla chiarezza, alla leggibilità e, in alcuni casi, anche alla visibilità su Google. Ottimizzarli bene significa completare il lavoro e garantire coerenza a tutto il progetto.
Cominciamo dalla meta descrizione. Anche se non ha un impatto diretto sul posizionamento, può fare una grande differenza sul comportamento dell’utente. La meta description è quel piccolo riassunto che appare sotto al title nei risultati di ricerca. Deve spiegare in modo sintetico ma interessante cosa troverà l’utente nella pagina. Se è scritta bene, aumenta la probabilità che venga cliccata. L’ideale è che contenga la keyword principale, ma senza forzature, e che non superi i 158 caratteri. È un lavoro di sintesi, quasi di copywriting: poche parole che devono convincere.
Un altro elemento importante è l’URL. L’indirizzo della pagina deve essere chiaro, leggibile e semplice. Meglio evitare URL lunghi, pieni di numeri o parametri tecnici. Le parole chiave devono esserci, scritte in minuscolo e separate da trattini. Per esempio, se stiamo lavorando sulla pagina “Modelli per preventivi”, l’URL ideale sarà qualcosa come: https://www.sito.it/modelli-per-preventivi/.
Passiamo poi alla voce di menu. Quando la pagina viene linkata da uno dei menu di navigazione del sito, la voce che scegliamo deve essere comprensibile a colpo d’occhio. Se riusciamo a inserire anche una keyword (o una sua variante), il tutto sarà ancora più coerente. L’importante è che chi legge capisca subito dove sta andando.
C’è poi il titolo della pagina, che non sempre coincide con il title SEO. A volte li facciamo combaciare, altre volte no. Possiamo usare il titolo visibile della pagina (quello che compare come H1) per essere un po’ più narrativi, per agganciare l’utente con un tono più diretto o più vicino al brand. Ad esempio, potremmo avere un title SEO come “Cosa mangiare a cena con i tuoi bambini | Staibene” e un titolo visibile più creativo, come “I trucchi per una cena felice con i tuoi pargoli”. L’importante è che entrambi siano coerenti con il contenuto e con l’intenzione di ricerca.
Infine, parliamo dei link interni. Ogni pagina del sito dovrebbe contenere dei link verso altre pagine del sito. I link vanno “ancorati” a parole sensate, cioè a testi che diano subito un’idea chiara della pagina di destinazione. Non usiamo espressioni vaghe come “clicca qui” o “in questo articolo”. Meglio usare termini precisi, che abbiano un significato autonomo. Ad esempio, se stiamo parlando di zucche e vogliamo linkare una pagina sulle vitamine, possiamo scrivere: “La zucca è ricca di vitamine e antiossidanti”, con il link sulla parola “vitamine”. Un buon anchor text aiuta sia l’utente che Google. Se leggessimo solo quella parola, dovremmo già intuire cosa ci aspetta dall’altra parte. È questa la regola d’oro.
Ottimizzare questi elementi – meta description, URL, voce menu, titolo visibile e link interni – non è un esercizio a parte, ma un’estensione del nostro lavoro sul contenuto. Significa rendere ogni pagina più chiara, più efficace e più facilmente navigabile. Ed è così che costruiamo un sito che funziona, dentro e fuori.
La checklist finale. Il contenuto, la struttura e l’ottimizzazione
Alla fine del lavoro, ci poniamo sempre queste domande per controllare che tutto sia stato fatto con cura:
- la keyword principale è stata inserita fin dall’inizio del testo?
- abbiamo incluso tutti i concetti chiave emersi dai risultati informativi di Google?
- le keyword secondarie sono state usate in modo naturale e utile?
- abbiamo integrato le ricerche correlate con paragrafi e titoletti?
- se la SERP include un Featured Snippet, abbiamo creato un paragrafo adatto a comparire lì?
- abbiamo risposto alle domande correlate trovate su Google?
- abbiamo aggiunto immagini, video o altri media se possono arricchire il contenuto?
- abbiamo studiato e integrato il contenuto fornito in SERP dall’intelligenza artificiale?
- ogni paragrafo ha un proprio titolo interno, chiaro e coerente?
- abbiamo citato strumenti, autori, categorie merceologiche o esempi ogni volta che era possibile?
- il title contiene la keyword, ha la giusta lunghezza ed è unico nel sito?
- la meta description è scritta bene, interessante e contiene la keyword?
- l’URL è breve, leggibile e contiene la keyword?
- la voce menu è chiara e pertinente?
- i link interni sono stati inseriti con anchor text descrittivi?
- se abbiamo inserito link esterni, sono davvero utili?
Se abbiamo risposto “sì” a tutte queste domande, allora possiamo pubblicare la pagina felici. Se invece manca qualcosa, torniamo indietro e sistemiamo.