
Una mentalità aperta al cambiamento può aiutare tantissimo a mettersi in proprio o a migliorare il modo in cui si gestisce la propria attività.
Il tema può essere infinito, ma io voglio esaminare l’apertura al cambiamento rispetto a due cose specifiche: le abilità (le skill, le cose che sappiamo fare) e il denaro. Il modo in cui consideriamo entrambi possono essere molto utili per la nostra attività.
Il cambiamento e l’ambiente in cui sono cresciuta
Sono cresciuta a Brindisi tra gli anni Ottanta e Novanta e l’ambiente non era molto aperto rispetto al cambiamento, in linea di massima. Facevano eccezione due cose: l’usanza di andare a studiare fuori, che ti rivoltava la vita come un calzino, e i molti parenti emigrati (al Nord o all’estero) che ti permettevano di venire a contatto con molti stili di vita differenti.
La gente ad ogni modo cambiava raramente lavoro in quel periodo. Di solito si trovava lavoro, poi ci si sposava, ci si trasferiva in una casa, magari in affitto e poi più avanti comprata (man mano invece diventa più diffuso comprarla prima di sposarsi) e così fino alla pensione. Però non era stato sempre così: fino agli Sessanta era normale cambiare casa e lavoro, alla ricerca della felicità.
Mi ricordo ad esempio che nella famiglia di una della mie nonne si erano inventati mille cose. Ad esempio, una sua sorella ad un certo punto degli anni Cinquanta aveva comprato una macchina per riparare calze in nylon ed aveva avviato una piccola attività. Poi ad un certo punto tutte le sue sorelle e fratelli, assieme alla mia bisnonna e al mio bisnonno allora cinquantenni, erano emigrati negli Stati Uniti. Lì si erano messi a pensare a qualcosa e alla fine si sono messi a vendere panzerotti fuori dalle scuole e poi sono diventati ricchi in poco tempo. Tutto nacque dalla mia bisnonna che, sottolineo, non sapeva l’inglese, non aveva studiato e aveva ormai più di cinquant’anni.
Favole americane anni Cinquanta, okay.
Però credo che la mentalità del cambiamento si sia ristretta sul finire degli anni Sessanta, quando la possibilità di accedere a lavori subordinati per lo Stato o per grandi aziende con una buona facilità ha confuso un po’ le carte. Benessere è stato identificato con stipendio di importo sempre uguale, portato in casa spesso solo dal marito, e casa in periferia con mobili nuovi di prezzo elevato rispetto allo stipendio. Questo non per tutti, perché intanto c’era stato il Sessantotto e pure il Settantasette che apprezzavano molto i mobili restaurati e una vita un po’ più incasinata.
Il benessere però effettivamente non mancava e si viveva piuttosto felici, con molto tempo libero e una buona qualità della vita: anche se esci da lavoro alle 18 (ma veramente io ne ho conosciuti pochi che uscissero così tardi) non è molto pesante se la casa è in ordine e puoi andare al mare o a giocare a carte con gli amici. Il problema credo sia nato dopo: quando i buoni posti fissi hanno iniziato a scarseggiare e però nell’immaginario collettivo continuavano ad essere l’unica possibile fonte di benessere.
Davanti ai problemi, quella mentalità può creare parecchio dolore.
La mentalità del posto fisso (che chiamo così senza nessun giudizio negativo) si portava dietro infatti alcune convinzioni: il lavoro si può imparare solo a vent’anni; si può imparare un solo lavoro nella vita; non puoi metterti in proprio perché verrai strangolato dalle tasse o dalla criminalità organizzata (beh, non posso negare fosse un problema vero, sorto però in Puglia solo dopo gli anni Settanta); non puoi metterti in proprio tanto non ne vale la pena perché a Brindisi non c’è mercato; si può studiare solo a vent’anni; non potrai darti pace finché non ti compri una casa di proprietà (fosse anche senza finestre) con mobili costosi rispetto al tuo stipendio; una volta che hai trovato un posto fisso non lo devi mai lasciare, qualunque esso sia e qualunque siano le condizioni di lavoro.
Questa mentalità era figlia pure della miseria, quindi non voglio deriderla o presentarla in negativo: era così e basta e io la ricordo pure con grande affetto. Ad ogni modo non era proprio l’ideale per sopportare gli inconvenienti, le novità, gli stravolgimenti o anche semplicemente i mutevoli desideri dell’animo umano.
Mentalità fissa e mentalità della crescita
Mi piace chiamare questa mentalità anche fixed mindset (mentalità fissa), termine che ho appreso leggendo Switch uno dei miei soliti mille libri di guru americani. Questo termine identifica più che altro un’attitudine psicologica, influenzata da schemi culturali. Fixed mindset è in contrasto con growht mindset (mentalità della crescita).
E così Chip Heath e Dan Heath in Switch: How to Change Things When Change Is Hard (Random House Business Books, Londra, 2010) ci dicono che:
People who have a fixed mindset believe that their abilities are basically static. Maybe you believe you’re a pretty good public speaker, an average manager, and a wonderful organizer. With a fixed mindset, you believe that you may get a little bit better or worse at those skills, but basically your abilities reflect the way you’re wired. Your behavior, then, is a good representation of your natural ability, just as the swirled-and-sniffed first taste of wine is a good representation of the bottle you’ve bought.
If you are someone with a fixed mindset, you tend to avoid challenges, because if you fail, you fear that others will see your failure as an indication of your true ability and see you as a loser (just as a bad first taste of wine leads you to reject the bottle).
In sostanza, se hai una mentalità fissa credi che quello che sai fare sia statico: sai fare un certo numero di cose e puoi solo leggermente migliorare. Il tuo comportamento quindi è un riflesso del tuo talento naturale ed è inutile cercare di forzarlo. Così, eviti le sfide e i cambiamenti, perché se fallisci credi che il fallimento sia lo specchio di quello che sei, invece che una normale tappa nel processo di apprendimento.
In contrast, people who have a growth mindset believe that abilities are like muscles—they can be built up with practice. That is, with concerted effort, you can make yourself better at writing or managing or listening to your spouse. With a growth mindset, you tend to accept more challenges despite the risk of failure. […] You seek out “stretch” assignments at work.
Invece, se hai una mentalità della crescita vedi le abilità come muscoli, ovvero come qualcosa che può essere rinforzato attraverso la pratica. Facendo degli sforzi quindi, studiando, esercitandoti, puoi migliorare la tua capacità di scrivere, di ascoltare gli altri o chessò – aggiungo io – puoi imparare a fare SEO, a leggere in inglese, a dormire la notte in tranquillità e tante altre cose che puoi valutare utili. Così, accetti le critiche e le vedi come qualcosa di costruttivo, utile per migliorare.
La mentalità del cambiamento e il lavoro in proprio
La mentalità della crescita è molto utile per il lavoro in proprio. Anche per quello non in proprio, ma per quello in proprio non hai scuse: decidi tu cosa fare e come e sta a te sistemare tutto per migliorare.
Questo è possibile sopratutto adesso grazie al nostro migliore amico, The Internet.
Viceversa, la mentalità fissa si porta in definitiva dietro gli assiomi che abbiamo visto sopra e anche altri. Provo ad elencare quelli che bloccano maggiormente il fiorire di un’attività in proprio: non posso migliorare da solo; non posso acquistare servizi da altri professionisti che mi aiutino a migliorare; la colpa è del mio mercato; non posso cambiare mercato; non ho soldi.
Facciamo finta che… sei una wedding planner e vuoi guadagnare di più. Con una mentalità fissa penseresti “eh no non è possibile farlo perché io lavoro con il mercato di Brindisi e le persone sono abituate così”. Ci saranno però delle wedding planner nel mondo che guadagnano di più, no? Abbraccia il cambiamento, cerca ispirazione nel mondo intero e prova a capire come puoi fare.
Magari scoprirai che puoi restare su Brindisi ma rivolgerti alle coppie anglofone. “Eh ma non so l’inglese”. Oddio, non crederai che l’inglese non si possa imparare? Ricordiamo la mia bisnonna! L’inglese non è una capacità innata, quindi inizia ad impararlo.
Poi, magari le coppie anglofone hanno bisogno di un certo tipo di servizi. La mentalità fissa ti suggerirebbe di odiarli perché non vogliono i servizi così come sei abituata a offrirli e presentarli. Quello che puoi fare invece è non giudicarli e lavorare per organizzarti meglio, senza snaturarti. Da un lato quindi sicuramente non devi rinunciare ai tuoi punti di forza – anzi, devi custodirli e valorizzarli – dall’altro però ti devi adattare al mercato che ti sei scelta, acquisendo tutte le competenze necessarie e pure il modo di presentarle e venderle.
Ma come fai a venderle? Sempre con The Internet. Per venderle bene, avrai bisogno probabilmente dei servizi di altri professionisti e forse non hai budget. O forse ce l’hai, ma non sei abituata a spenderlo così. Perché ti hanno insegnato che sono più importanti i mobili costosi per lo studio da wedding planner: se però questa cosa deve bloccarti, potresti pensare a vendere quei mobili e pagare non so un consulente di marketing online.
Il denaro è più utile se non è visto in un’ottica rigida: sostituisci “non me lo posso permettere” a “non voglio acquistarlo”, come suggerisce Kate Northup. Certo, a volte le cose davvero non ce le possiamo permettere e non è colpa nostra ok (guai a vedere la povertà come un colpa, non siamo mica nell’Inghilterra vittoriana), ma spesso questo è un alibi per non cambiare, sopratutto se in definitiva viviamo nell’Occidente dell’abbondanza.
Oppure, in una prima fase, puoi imparare da sola tutte le cose necessarie, per avviare l’attività di promozione dei servizi online con le tue forze. Poi, in un secondo momento ti rivolgerai a dei professionisti per migliorare. In un modo o nell’altro il cambiamento sta lì, tra le tue mani. Sta a te liberarlo.
Due consigli finali: non lamentarti o anzi lamentati liberamente; alla terza volta che ti lamenti però della stessa cosa cambia quella cosa, e di brutto. Non giudicare i clienti, pensando che siano stupidi e puzzoni. Se non ti piacciono, cambia modo di relazionarti con loro (ci saranno parecchie sorprese) oppure target o mercato.
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Brava bel sito. Ti pongo una domanda: riesci a esprimere il cambiamento di mentalita’ in termini TEMPORALI, in altre parole, l’uomo (la donna), sottoposto a stimoli di sopravvivenza, di miglioramento delle proprie condizioni che schedule temporale percorre? mi rendo conto della ………domanda troppo generica, se puoi apprezzo un tuo contributo. Grazie
maurizio
mi piace molto questo post, soprattutto quando dici che molto spesso il “non possiamo permettercelo” e` un alibi! Vorrei che fossero in molti a gridarlo, ma chi ci prova viene sempre accusato di essere “ricco” e non conoscere i veri problemi economici quali siano!!
Solo un appunto, il link dei panzerotti non porta ai panzerotti! 🙁
Grazie Barbara 🙂 Ho corretto il link dei panzerotti e te lo metto anche qui: https://www.facebook.com/TarantiniPanzarotti/. Grazie mille anche per la segnalazione <3